Nella notte tra il 20 e il 21 novembre, un gruppo di attivisti, autoproclamatosi “Robin Hood”, ha colpito nuovamente a Roma per protestare contro l’espansione del mercato degli affitti brevi. Le loro azioni, condotte nei quartieri Pigneto, Ostiense, Monteverde, Monti e Aureliano, hanno avuto come obiettivo i keybox, o lucchetti per il check-in automatico delle case vacanze, resi inutilizzabili con colla, tronchesi e adesivi.
Il gruppo denuncia l’aumento della speculazione immobiliare legata al turismo e la crescente difficoltà per i residenti di trovare case in affitto a prezzi accessibili. Nel loro comunicato, gli attivisti hanno lanciato un messaggio chiaro: “Fermare il Giubileo dei ricchi, sabotare la speculazione per difendere il diritto all’abitare”. Rivolgono critiche anche alla ministra del Turismo, Daniela Santanché, chiedendo un piano nazionale per regolare gli affitti brevi e porre un limite all’espansione delle piattaforme come Airbnb.
Le proteste non si limitano al centro storico, ma coinvolgono anche zone periferiche come via Merulana, Pigneto e Gregorio VII, segnalando come la “turistificazione” stia aggravando le disuguaglianze socio-economiche anche lontano dalle aree più turistiche.
I keybox, strumenti utilizzati dai proprietari per facilitare i check-in automatici, sono considerati dagli attivisti il simbolo visibile di un problema più ampio: l’assenza di regolamentazione che permette agli affitti brevi di trasformare interi quartieri in aree dedicate esclusivamente al turismo.
Gli attivisti si sono rivolti non solo al governo, ma anche alla Chiesa, accusata di delegare quasi interamente al mercato privato l’onere di ospitare i pellegrini. Nel comunicato si legge: “La Chiesa dovrebbe intervenire per garantire soluzioni di ospitalità che non aumentino le disuguaglianze sociali.”
La lotta agli affitti brevi a Roma si inserisce in un dibattito più ampio che coinvolge diverse città italiane ed europee, dove il turismo massivo ha profondamente cambiato il volto dei centri urbani. I detrattori denunciano la perdita dell’identità dei quartieri e la cacciata dei residenti, mentre i proprietari difendono il diritto di gestire le loro proprietà come ritengono più opportuno.
Articolo a cura di Francesca Giovannini