Sabato 14 ottobre alle ore 17,00 presso l’Albergo Stella di Palestrina il Circolo Culturale Prenestino Roberto Simeoni presenta il libro di Matteo Sacco “Mia zia non è Bocca di Rosa“ edito da Edizioni All Around.
“Bocca di Rosa” è stata sdoganata dall’enciclopedia Treccani facendone un sostantivo nel suo significato metaforico di “prostituta”.
Bocca di Rosa, la “schifosa che ha già troppi clienti / più di un consorzio alimentare” secondo le bigotte comari del villaggio, diventa una sorta di messia che “portò l’amore nel paese” e che, al momento di partire, viene salutata con emozione fino alle lacrime alla stazione di Sant’Ilario dove “c’erano tutti / dal commissario al sagrestano / alla stazione c’erano tutti / con gli occhi rossi e il cappello in mano”. Ma lei è pronta a “benedire” altri peccatori “alla stazione successiva” dove c’è “molta più gente di quando partiva / chi manda un bacio chi getta un fiore / chi si prenota per due ore”, e tra questi perfino il parroco.
“Bocca di Rosa” una canzone contro “l’ordine costituito” dedicata a quelle donne che come scrive Anatole France “Le prostitute sono più vicine a Dio delle donne oneste: han perduto la superbia e non hanno più l’orgoglio”.
Bocca di Rosa, l’unica donna senza nome dell’universo femminile di De Andrè, è accanto a Marinella, Barbara, Sally, Franziska, Jamin-A, Princesa, Puny, Dori e…Maria.
Ma chi era “Bocca di Rosa…quella schifosa” che aveva “già troppi clienti/più di un consorzio alimentare”?
Secondo alcuni De André si sarebbe ispirato al testo di Georges Brassens “Brave Margot”, mentre altri pensano che “Bocca di Rosa” sia una prostituta incontrata da Faber nella “città vecchia”, Liliana Tasso, nota col nome di Maritza, che sarà anche protagonista del romanzo di De André “Un destino ridicolo”.
Ma Matteo Sacco ci suggerisce un’altra suggestione, che scopriremo dalle pagine del suo libro, in cui l’autore rievoca i ricordi di una vita passata tra le mura della stazione più famosa della musica italiana: quella del paesino di Sant’Ilario.
Qualche cenno autobiografico e qualche elemento partorito dalla creatività dell’autore porteranno il lettore indietro nel tempo, in una Riviera anni 90 in cui la musica fa da fil rouge a un mondo incantato in cui il tempo si è fermato. Miscelando realtà e un pizzico di fantasia, Matteo Sacco, prova a raccontare nel romanzo come nasce il mito di Bocca di Rosa.
Creuze, profumi e colori delle primavere della Riviera genovese di Levante fanno da cornice, incantata, all’adolescenza di Carlo che, insieme all’amica Simona, si ritroverà catapultato in una vita, decisamente, nuova.
La storia di Bocca di Rosa sarà anche l’occasione per fare una riflessione sullo slut-shaming ovvero lo “stigma della puttana” quel particolare modo di esprimersi da parte del maschio contro le donne ritenute colpevoli di comportamenti inopportuni e disdicevoli secondo la tradizione o la morale comune della società. Forse è venuto il momento, anche con l’aiuto di “Bocca di Rosa”, che si superino certi pregiudizi visto che dal 1967, anno di uscita della canzone, sono trascorsi 56 anni, e ancora non ci liberiamo dell’immagine di una donna come “schifosa”.
Il libro ci darà anche l’occasione per riascoltare alcune tra le più belle canzoni di Faber, con la musica di Simone d’Andrea.
Articolo a cura di Roberto Papa
Resp. Circolo Culturale Prenestino “Roberto Simeoni”