Nessuno di noi avrebbe mai immaginato di vivere una pandemia mondiale. Nessuno si sarebbe mai aspettato di dover restare tanto tempo fermo, a temere un nemico invisibile e potente.
Quello che abbiamo vissuto negli ultimi anni ci ha portato a riflettere su tanti fattori: in primis, sulle nostre fragilità. Restare chiusi in casa ci ha costretti a passare il tempo con noi stessi e a confrontarci con le nostre paure e i nostri problemi. Ci ha allontanati dalla realtà e dagli affetti. Ci ha indeboliti. Ci ha mostrato quanto sia necessario il contatto con gli altri, il confronto, la socialità.
Abbiamo provato sulla nostra pelle cosa significa restare fermi a guardare il mondo dalla finestra, a vedere il tempo passare, inermi, come spettatori della nostra stessa vita.
Per tanti ragazzi questa costrizione non è solo un periodo passeggero. La disabilità rappresenta un ostacolo spesso insormontabile, per chi ne è portatore e per le famiglie coinvolte. Le difficoltà da affrontare sono molteplici e non sempre è facile trovare un modo per vivere la normalità.
Sabato 3 dicembre, presso l’ITOP di Palestrina, si è tenuto un convegno in occasione della Giornata Mondiale della Disabilità. L’incontro è stato organizzato dal Circolo Culturale “Roberto Simeoni” e numerosi sono stati gli ospiti coinvolti. Istituzioni, famiglie, insegnanti, associazioni hanno partecipato con interventi e testimonianze. Hanno emozionato la sala con le storie dei loro ragazzi e delle mille entusiasmanti attività che gli anni di pandemia gli hanno portato via. Molti racconti sono stati raccolti nel libro (“Riprendiamoci il futuro” – Comitato di Quartiere Villa Adriana; Circolo Culturale Roberto Simeoni; Nuove Risposte Cooperativa Sociale Onlus) presentato durante l’evento, di cui è stato letto un commovente stralcio.
Le persone coinvolte hanno parlato delle loro esperienze, evidenziando le risorse e le complessità nei diversi ambiti.
Le istituzioni hanno sottolineato quanti passi siano stati fatti finora per facilitare le vite di questi ragazzi, e soprattutto, quanti ancora ne siano necessari, a livello politico e burocratico.
Le associazioni hanno mostrato, attraverso video e racconti personali, l’essenzialità del coinvolgimento della comunità ai fini dell’inclusione. Proprio quest’ultimo concetto è stato il punto cardine di tutte le testimonianze. Ne sono state sottolineate l’importanza e la necessità.
Chi vive una disabilità può sentirsi solo, diverso, e non sempre è facile superare quelle barriere intrise di diffidenza che ostacolano l’inclusione.
In particolar modo, in seguito a un così lungo periodo di chiusura, è difficile ripartire da zero, reinstaurare rapporti e ricreare armonia e dialogo.
Molti sono i progetti che vengono proposti nelle scuole, al fine di sensibilizzare i più giovani in merito all’integrazione e al coinvolgimento dei ragazzi con disabilità. Gli insegnanti presenti all’evento hanno descritto le varie attività svolte nel corso degli anni e l’incredibile partecipazione degli studenti coinvolti. Hanno raccontato del grande successo degli Special Olympics, di quanti importanti risultati siano stati raggiunti. Ci hanno parlato dell’immensa gioia vissuta dagli studenti, tutti, disabili e non. E quell’emozione l’abbiamo provata anche noi, attraverso le loro parole.
Purtroppo, però, la pandemia ha interrotto queste attività, che lentamente si stanno rimettendo in moto. Ripristinare la normalità non è semplice, soprattutto se si considera un ambito così delicato. Bisogna continuare a lavorare, per rendere l’inclusione così banale da essere considerata a priori la normalità.
La strada da percorrere è ancora lunga, ma è meraviglioso vedere che, nonostante tutte le difficoltà da affrontare, la voglia di fare e di andare oltre vince su tutto. Dare una possibilità a questi ragazzi è fondamentale. L’inclusione è davvero la sola via per riprenderci il futuro.
Ciò che durante l’evento è stato sottolineato più volte, però, e che io voglio evidenziare in questo piccolo intervento, è il ruolo che svolge la paura in questo contesto. La paura è la più grande nemica dell’inclusione: paura di sbagliare; paura del confronto, paura del diverso.
Ciò che non si conosce incuriosisce, ma spaventa.
Molte persone tendono ad allontanare quello che non comprendono, probabilmente senza considerare che il confrontarsi con ciò che non si conosce può essere una buona occasione per crescere.
La normalità tranquillizza.
Ma in fondo, cos’è la normalità? Avere occhi, naso e bocca? Avere degli amici? Uscire per una pizza?
Si ha paura del diverso e si dà per scontato che essere normali sia la consuetudine.
Ma onestamente, visto da vicino, chi è poi così normale?
Beatrice Roscioli